Da domani al via il passaggio dell’assistenza sanitaria ai circa 50.000 detenuti che viene trasferita al servizio sanitario nazionale dal ministero della Giustizia.
Con la nuova normativa tutte le competenze sanitarie della medicina generale e di quella specialistica sino ad ora a carico del ministero della Giustizia vengono trasferite all’Ssn.
Trova così piena applicazione il principio che riconosce alle persone detenute o internate, alla pari dei cittadini liberi, il diritto all’erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione previsti nei
livelli essenziali e uniformi di assistenza, con la possibilità di accesso alle risorse tecnologiche già disponibili per la comunità esterna.
Secondo il provvedimento tutte le funzioni sanitarie (assistenza di base, interventi di urgenza, interventi specialistici, ricovero per acutie per patologie croncihe, centri clinici, ospedali psichiatrici giudiziari, reparti per Hiv, osservazione psichiatrica, disabilità neuromotoria, riabilitazione ecc) svolte dall’amministrazione penitenziaria vengono trasfetite al Ssn.
Il decreto prevede anche un trasferimento del personale medico, infermieristico e degli psicologi all’Ssn. Così anche il passaggio di risorse al Fondo sanitario : 157,8 mln di euro per il 2008; 162,8 mln di euro per il 2009; 167,8 mln di euro per il 2010.
“Una riforma attesa e voluta” quella dell’assistenza asanitaria ai detenuti perché “il vecchio modello era obsoleto. Ma le nuove norme devono vedere coinvolti i medici penitenziari in prima persona per definire i modelli organizzativi più adatti ad un’assistenza integrata con il servizio sanitario nazionale”.
Così Andrea Franceschini, presidente della società italiana di medicina e sanità penitenziaria, spiega il percorso che da domani si apre per il
passaggio dell’assistenza sanitaria ai detenuti all’Ssn. “Non solo personale e finanziamenti dovranno essere gestiti dalle Regioni e Asl – sottolinea Franceschini – ma si dovranno definire correttamente ruoli professionali e modelli organizzativi appropriati per dare tutte le forme di assistenza e prestazioni adeguate ad un’ampia popolazione di persone
ospitata in circa 240 istituti”.
“La medicina penitenziaria è materia delicatissima – afferma Franceschini – basti pensare che sono circa 2.000 in Italia gli operatori dedicati, tra medici ed infermieri, rispetto ad una popolazione detenuta che ha superato abbondantemente le 50.000 presenze. Lavorare in carcere richiede un impegno straordinario, maggiori conoscenze e competenze.
Fornire un farmaco, effettuare una diagnosi, disporre un ricovero, esprimere una valutazione clinica possono influire in maniera significativa non solo sulla salute ma sull’intera storia processuale di una persona detenuta”.
“Non vorrei che in questo passaggio delicato – spiega Franceschini che è anche direttore sanitario dell’istituto penitenziario di Regina Coeli – possa pesare anche la situazione di crisi finanziaria per alcune Regioni e si desse a quest’area dell’assistenza un ruolo residuale. Il Ssn in questo percorso dovrà integrarsi con una cultura e una mentalità che per ora
sono poco sconosciuti. Per questo nel processo di riforma che prende il via domani dobbiamo essere parte attiva”.
Il nostro invito ai Ministri Maurizio Sacconi e Angiolino Alfano, ai Sottosegretari Francesca Martini e Ferruccio Fazio, al Presidente della Conferenza Stato-Regioni – conclude Franceschini – è di non disperdere il patrimonio prezioso che la società di medicina penitenziaria rappresenta”.
Roma 14 giugno 2008