Nel 1999, dopo un decennio di tentativi e la nascita di un movimento di opinione sulla salute in carcere, fu emanato il D.Lvo 230/99 sul passaggio delle competenze in materia di sanità penitenziaria dal Ministero della Giustizia alle Regioni. Tra i primi frutti di quella riforma apparve facile dare attuazione ad una norma già esistente (Legge 354/75) che prevedeva la realizzazione di reparti per detenuti in ogni ospedale provinciale. Dopo un percorso e una progettazione che vide coinvolti in una virtuosa collaborazione i vertici del Ministero della Giustizia e della Regione Lazio e della ASL di Viterbo, nel marzo 2006 il Governatore della Regione Lazio tagliò il nastro dell’U.O. di Medicina Protetta – Malattie Infettive dell’Ospedale Belcolle di Viterbo, che si affiancava alla consorella sorta pochi anni prima nel complesso dell’Ospedale Pertini di Roma. Il Lazio diveniva, ed è tutt’ora la Regione con il maggior numero di posti letto in Italia per pazienti in stato di detenzione.
I cambiamenti che hanno seguito l’introduzione di questi nuovi reparti nella strategia per l’assistenza ospedaliera alle persone detenute sono stati fondamentali. L’eredità consegnataci da 30 anni di “camere blindate” e dai cosiddetti “repartini”, era infatti assai pesante: accesso limitato ai servizi ospedalieri ai casi più gravi per motivi di sicurezza compreso l’elevato rischio di evasione, alti costi di gestione per il personale di polizia penitenziario (minimo due agenti per degente detenuto), diffidenza e difficoltà da parte del personale sanitario non preparato ad assistere questo tipo particolare di “utenza”.
La necessità quindi di migliorare la qualità, così come di espandere la quantità, dell’offerta ospedaliera è stato uno dei primi obiettivi della strategia regionale; sono stati individuate professionalità mediche ed infermieristiche dedicate esclusivamente ai reparti di Medicina Protetta e parallelamente gli standard di sicurezza sono stati garantiti con la realizzazione di Unità Operative Speciali di Polizia Penitenziaria operanti 24/h all’interno dei reparti. E’ stato individuato un codice (il 9701) per contabilizzare i ricoveri dei pazienti in stato di detenzione. La variazione è stata sostanziale passando dai 16 ricoveri presso l’Ospedale Belcolle di Viterbo (tutti provenienti dalla locale casa Circondariale) del 2005 agli oltre 160 del 2006 provenienti dagli istituti penitenziari della Regione Lazio.
Contrariamente alla credenza popolare, i costi di gestione complessiva per lo Stato del paziente detenuto sono crollati di quasi il 50%, considerando sia il valore dei DRG prodotti che l’enorme risparmio in termini di numero di ore lavoro della polizia penitenziaria impiegate in questi reparti.
Non possiamo poi trascurare il dato relativo alla sicurezza: nessuna evasione è avvenuta nei nuovi reparti di Medicina Protetta.
Per migliorare la qualità delle cure, fondamentale è stato l’apporto di tutte le Unità Operative di Belcolle, le conoscenze e le competenze di tutti i professionisti, medici, psicologi, infermieri e tecnici nelle loro specifiche discipline.
Coinvolgere le Organizzazioni Non Governative, l’Ufficio del Garante dei Detenuti della Regione Lazio nella fornitura di servizi e nella pianificazione degli interventi di carattere sociale, è stata anche una parte fondamentale della strategia perseguita dall’Azienda.
Un grande passo in avanti è stato poi determinato dalla condivisione di un programma comune che ha portato il 19 novembre 2014 prima alla sottoscrizione con le ASL RMA, RMB, RMF, RMH, RI, FR, di Protocollo Interaziendale e quindi all’istituzione il 29 gennaio 2015 del Coordinamento Tecnico Interaziendale. In questo ambito nel 2015 sono stati affidati ad ASL Viterbo il coordinamento di importanti obiettivi quali:
- La definizione dei Percorsi di ricovero nei reparti di Medicina Protetta della Regione Lazio (congiuntamente ad ASL RM2)
- La presa in carico dell’epatopatia cronica HCV-relata dal reparto di Medicina Protetta – Malattie Infettive del POC Belcolle di Viterbo come polo di riferimento interaziendale per il trattamento – follow-up – continuità terapeutica dei pazienti in stato di detenzione affetti da epatopatia cronica “virus-relata”.
- Turnover dell’ammissione da altri istituti per prestazioni mediche. Esigenze specifiche di un centro sanitario penitenziario (con ASL RM1)
Passando agli indicatori di esito, i classici indicatori utilizzati per i reparti (ad esempio degenza media, tasso di occupazione, posti letto, ecc) non sono da soli in grado di descrivere se non in maniera molto approssimativa i risultati raggiunti. Complessivamente in 10 anni i ricoveri totali sono stati 1993 – 1593 internistici (80%) e 400 chirurgici (20%) 110 ricoveri di pazienti di sesso femminile (5,5); nell’ambito dei ricoveri internistici: Il 42% (837 pazienti) erano di pertinenza infettivologica malattie (14% HIV, 34% HIV/HCV, 37.2% HCV, 3.3% HBV, 11.5% TBC -.
Pazienti spesso in condizioni critiche, a volte inconsapevoli delle loro patologie e perciò serbatoio di malattie per tutta la società. Assistere nei nostri reparti significa quindi non solo prendersi cura del singolo ma svolgere un’azione di salute interrompendo la catena del contagio.
Uno degli obiettivi più ambiziosi è stato però quello di riuscire a conquistare la fiducia dei nostri pazienti. Lo abbiamo raggiunto, medici ed infermieri, imparando giorno dopo giorno ad operare in sospensione di giudizio, guardando all’uomo e non al detenuto, con professionalità e care, mai dimenticando il nostro ruolo di operatori pubblici. Abbiamo così costruito una cultura che valorizza il tempo trascorso in ospedale, non solo come speso per il recupero della salute ma anche di valori, sentimenti dimenticati e calpestati. Non sempre e non con tutti ci siamo riusciti, ma tanti sono i pazienti che tornano a farsi curare a Belcolle anche da liberi.
Cosa non è stato ancora raggiunto? La criticità principale è stata ed è l’isolamento forzato. Essere in ospedale non è piacevole per nessuno; senza persone con cui parlare tranne infermieri, medici e polizia. Se poi pensiamo alla mancanza della vicinanza di parenti e amici, possiamo comprendere come a volte il desiderio di rifiutare il ricovero sia superiore alla necessità di cure. L’attuale fase di riforma dell’Ufficio del Garante dei diritti dei detenuti e la penuria di volontari hanno acuito ancor di più i disagi dei pazienti detenuti. Non si può tacere poi che il nostro reparto, come molte altre unità operative, sta continuando a subire gli effetti della crisi economica degli ultimi anni, non essendo ancora riusciti a stabilizzare i dirigenti medici che lavorano nel reparto e ai quali si debbono molti dei risultati raggiunti. Non è possibile fornire oggi una risposta definitiva a queste criticità. La questione chiave, però, non è se riusciremo a superarle – le indicazioni di politica sanitaria esistono e sono state implementate – ma se troveremo le medesime motivazioni di 10 anni fa e il coraggio di comprendere la portata del cambiamento per provare a farlo e arrivare ad un’assistenza ospedaliera che sappia declinare il diritto alla salute delle persone detenute libero da pregiudizi e senza condizionamenti.
Giulio Starnini
RASSEGNA STAMPA:
Tuscia Up – 8 Aprile 2016
Viterbo Post – 8 Aprile 2016
Viterbo News 24 – 8 Aprile 2016
Viterbo Sanità News – 8 Aprile 2016
Contatto News – 8 Aprile 2016
Tuscia Web – 7 Aprile 2016
Tuscia Web – 6 Aprile 2016
Viterbo Sanità News – 6 Aprile 2016
Viterbo News 24 – 6 Aprile 2016
Libero 24×7 – 6 Aprile 2016
Ristretti Orizzonti – 5 Aprile 2016
SIMSPe Onlus – 29 Febbraio 2016