19 settembre 2012 – Allarme malattie infettive nelle carceri europee, dove la prevalenza di Hiv ed epatite C ”e’ da 10 a 20 volte superiore a quella della società esterna”. E’ la denuncia di Stefan Enggist, responsabile Salute e Carcere di OMS Europa che dal 26 al 28 settembre prossimi sarà a Viterbo in occasione della ”Conferenza Europea 2012 sulle Malattie Infettive, le politiche di riduzione del danno ed i diritti umani in carcere”.
”Nelle carceri europee – spiega all’ASCA – si stima vi siano circa 2 milioni di detenuti e che circa 6 milioni di persone passino ogni anno attraverso il sistema penitenziario: quanti di loro sono affetti da una malattia infettiva? Con molte malattie come l’HIV o l’epatite C, ad esempio, la prevalenza nelle carceri e’ da 10 a 20 volte superiore a quella della società esterna. Ma non c’è sorveglianza continua, anzi in molti Paesi, la maggior parte dei penitenziari, proprio perché tali, sono esclusi dai sistemi nazionali di sorveglianza sanitaria. Probabilmente perché solo in pochi Paesi il Ministero della Salute è responsabile della salute anche nelle carceri. Nella maggior parte dei casi, referente è il ministero della giustizia o quello degli interni”.
Eppure, sottolinea il responsabile OMS, la salute dei detenuti ”dovrebbe essere in cima alla lista delle priorità nelle carceri europee: quando si pensa a una prigione, automaticamente si fa riferimento a ‘sicurezza’ e ‘custodia’ come uniche priorità del luogo. Ma spesso, gli stessi responsabili o coloro che decidono, sono ignari del fatto che nel momento in cui uno Stato priva una persona della sua libertà, esso diventa pienamente responsabile per la salute e il benessere di quella persona.
In concreto ciò significa che uno Stato ha l’obbligo di stanziare risorse al fine di garantire il diritto alla salute per tutti i prigionieri”. Ma c’è di più, afferma Enggist: ”manca la consapevolezza del fatto che la salute e il benessere dei prigionieri riguardano direttamente la sanità pubblica nel suo complesso. Ad esempio in Paesi con alti tassi di tubercolosi, uno dei vettori dell’epidemia possono essere le carceri, a causa della mancanza di accurate misure di prevenzione, diagnosi e trattamento. Lo stesso vale per l’epatite o l’HIV/Aids. E non sembra esservi sufficiente consapevolezza del fatto che in tutti i Paesi, i detenuti provengono da comunità più svantaggiate, dove si accumulano rischi per la salute (immigrazione clandestina, il consumo di alcool e droghe illecite)”. Dunque, ribadisce, ”per il bene non solo di ogni singolo detenuto, ma anche per il bene della salute pubblica in generale e’ fondamentale che i servizi sanitari carcerari offrano almeno la stessa qualità delle cure rispetto a qualsiasi altro servizio di sanità pubblica della comunità”.
”Il rispetto dei diritti umani fondamentali dei prigionieri; i rapporti fra detenuti e operatori sanitari all’insegna della riservatezza e della fiducia reciproca; L’Integrazione della politica sanitaria del carcere nella più complessiva politica nazionale per la Salute; I servizi per le tossicodipendenze e maggiore attenzione alla malattia mentale” sono per Enggist le cinque priorità da affrontare, tenendo presenti i risultati positivi ottenuti dai numerosi interventi di riduzione del danno posti in essere negli ultimi anni: ”A partire dal marzo 2009 – ricorda – 77 Paesi in tutto il mondo hanno introdotto programmi contro scambio di aghi e siringhe in comunità. Di questi, almeno 10 hanno avviato programmi di scambio di aghi nelle prigioni. Al momento, interventi di questo tipo sono stati introdotti in oltre 60 carceri in Svizzera, Germania, Armenia, Lussemburgo, Spagna, Moldavia, Iran, Romania, Portogallo e il Kirghizistan. Ovunque introdotte, queste misure hanno contribuito a più bassi tassi di infezione di HIV e di epatite e non hanno mai indotto maggiore consumo di droghe né al ferimento di personale o altri detenuti con aghi”.