1 agosto 2013 – Come riportato da “La Repubblica” del 26 luglio scorso, un Medico Penitenziario è stato condannato in primo grado a 5 mesi di reclusione in seguito al decesso di un detenuto durante il trasferimento dalla CC di Bari al Centro Clinico di Milano Opera. Le riflessioni del Past-President e Fondatore SIMSPe Giulio Starnini sulla pratica clinica da adottare da parte di chi opera nel difficile ambito penitenziario.
<Il D.P.C.M. 1 Aprile 2008 non ha cancellato l’obbligo di redigere da parte del medico di turno un certificato di idoneità alla traduzione (in altro carcere, in tribunale ecc.). Tale certificato non è un atto routinario e l’unico responsabile di eventuali danni alla persona detenuta, che ricordiamo non si muove di sua volontà ma per obbligo dell’Amministrazione o della Magistratura, è il medico certificatore. Il consiglio, quindi, è di eliminare i prestampati e di regolarsi secondo criteri oggettivi che proveremo ad elencare:
– le condizioni del paziente sono tali da consentire un trasferimento?
– ha presentato recenti episodi clinici che controindichino il trasferimento?
– se è trasferibile, può viaggiare con i disagi di un blindato ovvero necessita di una autoambulanza?
– In questo caso può essere accompagnato da un solo infermiere o necessita della presenza di un medico?
– Se il viaggio prevede un lungo tragitto, sono previste soste?
– Il paziente è trasferito in una sede dove è possibile continuare le terapie in atto?
Con la certificazione medica l’Amministrazione trasferisce eventuali responsabilità sull’area sanitaria.
E’ necessario ricordarsi che il diritto alla salute, sancito costituzionalemente, travalica le normative e ancor più le circolari.
E’ quindi auspicabile che ogni Medico Penitenziario prenda le giuste cautele per evitare quanto successo al Collega di Bari.>
Giulio Starnini
ALLEGATO IL TESTO DELL’ARTICOLO DE “LA REPUBBLICA” DEL 26/07/2013