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Date(s) - 22/11/2017
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Le infezioni croniche da virus a trasmissione ematica e sessuale (BBV – Blood Born Viruses) quali HIV, HBV e HCV sono un problema complesso di salute pubblica spesso sottostimato, in particolare nelle persone che vengono detenute. Infatti, tra coloro che hanno acquisito uno o più di questi virus la maggior parte presenta una lunga fase clinicamente asintomatica, durante la quale generalmente non si rendono conto di esserne portatori, ma possono trasmettere la malattia ad altri con le stesse probabilità di chi presenta sintomi conclamati. Anche l’evoluzione nelle forme avanzate di malattia, quali AIDS e Cirrosi Epatica fino all’Epatocarcinoma, può iniziare con sintomi sfumati scarsamente percepiti dagli interessati, soprattutto se di livello socio-culturale non elevato e con una scarsa percezione del “bene salute”. È internazionalmente riconosciuto come il contesto penitenziario sia un ambito in cui queste infezioni sono concentrate e tendenzialmente in crescita.
Dai dati ufficiali del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria al 30 aprile 2017, nei 190 Istituti del Sistema Penitenziario Italiano erano presenti 56.436 detenuti, di cui 2.362 (4,2%) donne, 19.268 (34,1%) stranieri e 18.702 (33,1%) per reati correlati agli stupefacenti, con una capienza ufficiale di 50.044 posti letto ed un sovraffollamento del +12,8%.
Nel corso del 2016 sono state detenute in Italia 99.506 persone, di cui entrate dalla libertà 47.342. Tra queste, i comportamenti a rischio per la trasmissione di tutte le infezioni da BBV, quali scambio di siringhe e/o e taglienti, tatuaggi, rapporti sessuali promiscui e violenti, condivisione di rasoi da barba all’interno di celle sovraffollate, episodi di violenza con ferite e commistione di sangue, appaiono notevolmente diffusi.
Non sono disponibili dati epidemiologici ufficiali sulla popolazione detenuta negli Istituti Penitenziari italiani ed i pochi disponibili, da cui derivano le uniche stime circolanti, provengono da studi indipendenti su campioni rappresentativi di popolazione ristretta, con prevalenze oggettivamente preoccupanti.
Rispetto alla popolazione libera, infatti, le stime sui detenuti con un’infezione da BBV sono maggiori di 10-12 volte per HIV, di 5-6 volte per HBV e fino a 20 volte per HCV. Inoltre, per tutti i motivi sia ambientali che sociali già esposti, esiste in Italia una elevata proporzione di persone con un’infezione da BBV inconsapevoli della propria malattia; i tassi di inconsapevolezza tra coloro che sono risultati positivi ai test sierologici durante la loro detenzione sono stati del 3,4% per gli HIVAb+, del 11,6% per gli HCVAb+ e del 52,7% per gli HBsAg+. Queste evidenze indicano chiaramente come in questo ambito le infezioni virali croniche da BBV siano notevolmente concentrate e, quindi, come la detenzione sia un’occasione unica di offrire un’opportunità diagnostica e terapeutica a persone che in libertà hanno spesso stili di vita che non prevedono il “bene salute” tra le proprie priorità quotidiane e che difficilmente si preoccupano di conoscere e curare la propria malattia. Si tratta di coloro che alimentano i serbatoi naturali d’infezione da BBV e contestualmente presentano comportamenti ad elevata probabilità di trasmissione delle infezioni.
Per contrastare l’elevata proporzione delle persone detenute inconsapevoli della propria malattia è quindi necessario, durante il periodo detentivo, fornire loro una corretta educazione sanitaria, offrire in modo convincente la possibilità di sottoporsi agli screening per HCV, HBV, HIV e, in caso di positività, garantire la possibilità di accedere a cure antivirali sempre più efficaci.
Il coinvolgimento di tutti gli operatori sia dell’area medica che di quella educazionale in questi processi di diffusione delle informazioni e di facilitazione dei prelievi di screening, appare centrale per ottenere i risultati auspicati. Inoltre, l’elevato turnover di pazienti diagnosticati durante la detenzione, rende necessaria la creazione di percorsi “in & out” con gli specialisti delle UO di Malattie Infettive, a cui trasferire la presa in carico dei pazienti.
Questa serie di incontri fra operatori penitenziari e specialisti operanti nei territori di riferimento degli Istituti Penitenziari, mira a favorire questo tipo di operatività direttamente sul campo.