Sassari, 13 Giugno 2016 – Le malattie sessualmente trasmesse (MST) sono definite come infezioni locali o sistemiche, acquisite attraverso contatto sessuale (vaginale, anale e/o genitale-orale) o oggetti utilizzati in tali occasioni. Tuttavia, la trasmissione potrebbe talvolta avvenire per via parenterale attraverso sangue, emoderivati, strumenti contaminati e al momento del parto. Si tratta di uno delle più gravi problematiche di salute pubblica sia nei Paesi industrializzati che in via di sviluppo.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che più di 1 milione di MST siano acquisite ogni giorno. Ogni anno sono stimati 357 milioni di nuove infezioni con 1 delle seguenti 4 MST: la clamidia (131 milioni), la gonorrea (78 milioni), la sifilide (5,6 milioni) e la tricomoniasi (143 milioni); circa 47 milioni sono nelle regioni OMS europee. Inoltre patologie quali la sifilide, aumentano il rischio di infezione da HIV di oltre tre volte. Come alcuni studi dimostrano, circa il 50% delle MST vengono sviluppate dalla popolazione compresa tra i 15 e i 24 anni di età, in tale fascia HPV, Clamidia e tricomoniasi rappresentano l’88% di tutti i nuovi casi di MST.
Le conseguenze delle MST non accadono solo nell’immediato, ma hanno anche un impatto a lungo termine sia sulla salute sessuale che riproduttiva, per quanto riguarda morte fetale e neonatale, tumori cervicali e rappresentano fino all’85% delle cause di infertilità tra le donne, per esempio dopo aver sviluppato la malattia infiammatoria pelvica (PID) con danni alle tube. Diversi studi hanno valutato il legame tra infertilità femminile e PID, e già dal 1980 la stima di infertilità dopo PID era tra il 5,8% e il 60% in relazione a gravità, numero di infezioni ed età. La PID comprende un ampio spettro di patologie infiammatorie del tratto genitale femminile superiore, con estrema variabilità di sintomi e tale diagnosi tende a basarsi di solito su caratteristiche cliniche aspecifiche. Solo l’uso persistente e consistente del preservativo riduce il rischio di PID e complicanze ad essa correlate; in uno studio del 2004, le donne che hanno segnalato l’uso regolare del preservativo avevano tassi più bassi di sequele PID e hanno mostrato una significativa riduzione dello sviluppo di infertilità.
Un importante elemento da considerare, tuttavia, è che il tasso di MST cambia in modo significativo se si considerano popolazioni svantaggiate come quella penitenziaria, a causa di fattori sociali come la segregazione, l’offerta e la percezione della necessità di assistenza sanitaria, lo status socio-economico e l’abuso di sostanze, creando differenze epidemiologiche in questo sottogruppo con un possibile impatto sul resto della popolazione generale. Come ormai ben noto, i sistemi di correzione giocano un ruolo fondamentale nella diffusione delle MST e la loro prevalenza è molto elevata nelle persone che entrano strutture di incarcerazione. Questo dato risulta estremamente importante se si prende in considerazione la possibilità di monitoraggio, diagnosi e trattamento precoce, riducendo l’impatto e il rischio al momento del ritorno alla libertà, sia per i detenuti che per i loro partner.Lo stato detentivo appare influenzato dallo stato socio-economico di origine e la segregazione appare associata allo sviluppo di reti sessuali ad alto rischio per l’acquisizione di una MST. Un interessante report dell’Arizona Arrestee Reporting Information Network (AARIN) e il centro dell’Università per la prevenzione della violenza e di sicurezza della Comunità dello Stato dell’Arizona, ha confermato elevati tassi di MST nelle prigioni statali. Questo lavoro ha rivelato tassi di Gonorrea e infezione da Clamidia rispettivamente di circa 80,6 e 14,5 volte superiore alla popolazione generale nei detenuti di sesso femminile e circa 54,4 e 23,7 volte più alto in quelli di sesso maschile. In questo caso è interessante osservare come si assista ad un fenomeno simile a quello descritto in numerosi studi sui senzatetto, con maggiore coinvolgimento e conseguenze più gravi, in particolare per MST batteriche, sia per le donne che per gli uomini.
Un altro problema è rappresentato dall’influenza dell’incarcerazione sulla comunità esterna, nel causare cambiamenti nei modelli di relazione sessuale: infatti i detenuti che tornano in libertà, potrebbero infettare i loro partner nella comunità generale. D’altra parte, anche le persone che hanno un partner in carcere soffrono l’effetto emotivo e la distanza fisica, con un aumento della promiscuità sessuale, alla ricerca di sostegno sia sentimentale che finanziario.Risulta quindi sempre più evidente come impostare specifici programmi volti a prevenzione, screening e trattamento precoce delle MST nei detenuti, possibilmente al loro ingresso, ma assolutamente prima del loro rilascio, probabilmente in associazione a programmi di sostegno per i loro partner, rappresenti una forma di tutela non solo per le popolazioni svantaggiate, ma anche per la popolazione generale, viste le possibilità di ripercussione su di essa. Le MST sono quindi uno dei più importanti problemi di salute in tutto il mondo e la loro diffusione nelle popolazioni meno abbienti è sostanziale. Il trattamento di pazienti sintomatici, punto cardine dell’approccio nel passato, è ancora molto importante, ma non è sufficiente a garantire la riduzione del tasso di trasmissione; solo il controllo delle MST è in grado di garantire la riduzione della prevalenza e incidenza nella popolazione, dando un risultato reale sulla salute pubblica, compresi gli interventi basati sulla comunità, con la promozione e la fornitura di mezzi di prevenzione e dei servizi clinici. Sicuramente, i gruppi sociali marginali come la popolazione carceraria rappresentano una sfida importante nelle strategie di controllo delle MST e, come linee guida CDC suggeriscono, sono necessari ulteriori programmi di prevenzione, promuovendo lo screening precoce e trattamento delle malattie sessualmente trasmissibili, con l’obiettivo della diagnosi precoce e il trattamento delle infezioni asintomatiche nelle persone ignare e i loro partner, rompendo la catena di infezione: per esempio, la notifica ai partner e il loro trattamento è stato descritto come una pratica di successo.
Paradossalmente, l’offerta di screening in ambiente carcerario può essere più facile rispetto alla popolazione generale, a causa della possibilità di programmi all’interno delle strutture, portando a un trattamento precoce di uno dei più importanti serbatoi di MST. Tuttavia, il solo intervento clinico non è sufficiente per il controllo di tali patologie: il counselling e l’intervento comportamentale rappresentano uno strumento importante nella lotta contro le MST, perché la presenza di programmi di prevenzione primaria ha dimostrato un impatto importante sui risultati di salute, aumentando l’assistenza sanitaria e l’uso dei servizi sociali.
Il miglioramento dello stato di salute rappresenta probabilmente uno dei punti chiave dell’assistenza in popolazioni meno abbienti come quella penitenziaria. L’aumento della conoscenza dei fattori di rischio per le MST in gruppi ad alto rischio come questo, potrebbe rappresentare un importante collegamento tra fornitura e utilizzo di assistenza sanitaria. Inoltre, le campagne sull’utilizzo del preservativo sono essenziali per la prevenzione e il controllo delle MST, educando le persone sulla necessità del suo utilizzo e garantendone la disponibilità con distribuzione mirata.
Anche se negli Istituti Penitenziari Italiani una distribuzione sistematica di profilattici appare contrastare con alcuni passaggi dell’Ordinamento Penitenziario, appare mandatorio non rinunciare alla diffusione delle informazioni corrette per bloccare la diffusione delle infezioni e, contestualmente, battersi per l’avvio di campagne, anche sperimentali in questo senso. Infatti, evitare l’esposizione è la migliore strategia per il controllo della diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili. Un comportamento che elimina o riduce il rischio di una, riduce il rischio di tutte le MST, come un uso corretto del preservativo in ogni rapporto sessuale. L’uso del preservativo ha un impatto fondamentale sulla diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili. Gli studi pubblicati hanno dimostrato che l’uso persistente e costante del preservativo fornisce significativamente maggiore protezione rispetto al non uso, per l’acquisizione di sifilide e infezioni da Clamidia in uomini e donne, la gonorrea e la tricomoniasi nelle donne, le infezioni uretrali negli uomini e gravi complicanze come l’infertilità e le morti neonatali. Da questo consegue che il cuore dei programmi di prevenzione e di controllo delle MST è l’identificazione di mirati gruppi ad alto rischio su cui si applicano strategie cliniche e interventi comportamentali, in combinazione con la promozione dell’uso del preservativo.
Le persone detenute appartengono senza alcun dubbio alle popolazioni maggiormente a rischio di contrarre una MST e, come tali, dovrebbero essere sottoposte a programmi specifici di prevenzione e controllo mediante screening, trattamento e la gestione precoce dei pazienti fonte e dei loro partner.
Per questi motivi e poiché questo tipo di popolazione rappresenta uno dei principali serbatoi per l’infezione, ogni Medico ed infermiere Penitenziario dovrebbe essere consapevole del ruolo determinante, anche per la Salute Pubblica, che può giocare in prima persona favorendo con professionalità e competenza la ricerca dei casi attivi di MST e lo screening sierologico su tutta la popolazione residente.
Prof. Sergio Babudieri – Direttore Scientifico SIMSPe-ONLUS