La vaccinazione delle persone detenute per il Covid-19 è un tema caldo e anima negli ultimi giorni un acceso dibattito che raccoglie l’attenzione di istituzioni e specialisti. La SIMSPe, Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria, ritiene opportuno che vengano considerate prioritariamente nel piano vaccinale nazionale per SARS-CoV2 anche le comunità chiuse penitenziarie. In particolare, qualora non fossero immediatamente disponibili le dosi necessarie a una campagna che coinvolga paritariamente sia le persone detenute che gli operatori che a qualsiasi titolo lavorano nei 190 istituti penitenziari italiani, SIMSPe propone una campagna modulare che parta da questi ultimi, in modo da impedire che proprio loro possano diventare il veicolo con cui il coronavirus dal territorio entra all’interno della comunità chiusa, che prosegua considerando le persone detenute più fragili dal punto di vista sanitario e, da ultimo, tutti i restanti detenuti che rappresentano la componente maggioritaria degli oltre 53mila giornalmente presenti nel sistema. A questo proposito, vale la pena evidenziare che la vaccinazione di massa in questo ambito garantirebbe l’adesione al programma anti-Covid nazionale di migliaia di persone altrimenti difficilmente intercettabili in libertà.
Durante il lockdown, l’ingresso del virus negli istituti è stato marginale. “Oggi la situazione è assolutamente differente – sottolinea il Prof. Sergio Babudieri, Direttore Scientifico SIMSPE -. Il numero dei positivi al tampone è nettamente aumentato rispetto alla prima fase, con casi di detenuti sintomatici e ospedalizzati e, purtroppo, anche di alcuni decessi”.
I servizi sanitari delle aziende sanitarie territoriali hanno intercettato i positivi tra i nuovi giunti in ambiente detentivo, che sono stati immediatamente isolati. Rimane, tuttavia, il problema di chi già si trova in carcere, viene contagiato all’interno e sviluppa progressivamente la malattia e l’insufficienza polmonare acuta.
“I detenuti sono una coorte di popolazione confinata con limitate possibilità di interscambio con l’esterno – evidenzia il Presidente SIMSPe Luciano Lucanìa -. Da questa considerazione appare prioritaria la vaccinazione del personale che accede all’interno degli istituti ed ha contatti diretti con i reclusi. Per questi, credo che vi sia una via razionale di proposizione della vaccinazione, cioè quella legata ai fattori clinici. Nell’insieme dei detenuti vi è una percentuale non indifferente di persone in età avanzata e soggetta a pluripatologie. Questi, accuratamente identificati in ciascuna sede detentiva, dovrebbero essere sottoposti a vaccino, soprattutto se sono detenuti in espiazione di pena detentiva ed indipendentemente dalla durata della pena residua.”
L’avvio della campagna vaccinale può essere occasione per un consolidamento della prevenzione anche su altri fronti. Contestualmente al vaccino, infatti, possono essere effettuati anche screening per accertare la presenza di virus come HCV e HIV. I detenuti rappresentano infatti uno dei principali serbatoi di questi virus. L’individuazione del sommerso permetterebbe di intervenire tempestivamente e di arginare il diffondersi delle infezioni e delle loro conseguenze. Il carcere è un osservatorio privilegiato e l’opportunità offerta da questa fase non va sprecata.