La posizione della SIMSPe sul transito dei servizi è nota.
Abbiamo scritto, ne abbiamo argomentato ai nostri convegni, ne abbiamo parlato in tutte le sedi istituzionali, ne abbiamo discusso con gli operatori sanitari penitenziari, quando abbiamo fatto formazione ECM.
Con gli stessi operatori che oggi ci scrivono, e manifestano timore per il futuro.
Un futuro sempre più incerto, poiché generato in una forma che, come adesso, non ci piace.
Non ci piace l’assoluta mancanza di concertazione, l’assenza di tecnici veri ai tavoli di definizione dei decreti, il silenzio della Giustizia e l’atteggiamento quasi “minaccioso” della Salute.
Questo “passaggio delle competenze” (non può essere definita una riforma perché semplicemente allo stato non lo è) smarrisce lo spirito originario della 230/99 perché congela l’attuale situazione sanitaria e rimanda ad un futuro pieno di incertezze le decisioni fondamentali per la salute della popolazione detenuta e l’organizzazione delle attività assistenziali.
I Ministeri, che “dentro” il carcere non ci sono mai andati, conoscono cos’è e come lavora un’area sanitaria di istituto penitenziario?
La risposta è semplice: no, non la conoscono.
Quindi dalle bozze che circolano non emerge con chiarezza il riconoscimento della specificità della medicina penitenziaria anche nel SSN. Le ipotesi di modelli sono tarate al minimo (… forse per non intimorire le ASL !), ci si occupa solo di una quota marginale di personale sanitario e degli infermieri di ruolo, che però non sono il comparto prevalente degli operatori che tutti i giorni, bene o male, ma con gli strumenti che la Giustizia ha fornito e, comunque, con infinito impegno, assicurano l’assistenza sanitaria nelle carceri italiane !
La gestione delle tossicodipendenze e della psichiatria/psicologi che nel gruppo di lavoro interministeriale ha fatto magna pars è di fatto importante ma rappresenta solo un aspetto in ambito penitenziario a fronte delle problematiche sanitarie penitenziarie generali e medico legali specifiche.
Non vi sono in atto, nè si ritengono prevedibili almeno per il prossimo futuro esperienze autonome di gestione sanitaria penitenziaria all’interno del SSN.
Saranno pochissime le realtà penitenziarie organizzativamente autonome (oltre le cinquecento presenze, istituti con sezioni sanitarie specializzate, istituti complessi). Per tutti gli altri si parla di unità multiprofessionali inserite in chissà quale Unità Operativa Complessa (nel Dipartimento delle Dipendenze? nel Dipartimento di Salute Mentale?) o alle dipendenze della Direzione Sanitaria Aziendale !
Sono state dimenticate in un colpo le esperienze più positive dell’ultimo decennio: il coordinamento regionale e nazionale dei servizi sanitari penitenziari, presso i PRAP ed il DAP, comunque regolati da specifiche circolari discendenti dalla stessa L. 740/70.
Sia chiaro a tutti che il transito dei servizi sanitari al SSN genererà in ogni caso una fase gestionale di grande complessità organizzativa. E sono anche possibili significative criticità sanitarie che potrebbero anche essere fonte di problematiche di sicurezza e di turbativa nell’opinione pubblica.
In questo quadro, che si sta determinando per i tempi affrettati che la politica gli ha impresso, è allarmante la già evidente demotivazione di tutti gli operatori sanitari per la percepita futura incertezza occupazionale.
La politica deve ammettere che gli attuali operatori non sono tout-court sostituibili, in particolare i Medici Incaricati e i Medici SIAS, il cui ruolo rimane fondamentale anche nel prossimo futuro. Inoltre bisogna rammentare come adesso molti medici SIAS hanno nell’attività con il Ministero della Giustizia prevalente sostegno economico, mentre il transito degli specialisti con contratto SUMAI è già previsto nel vigente ACN di settore 2005-08.
Di conseguenza, ribadiamo che:
1 – i modelli operativi di cui al progetto obiettivo allegato al DPCM dovranno essere applicati entro 12 mesi alle singole realtà regionali di concerto con i Provveditorati Regionali nel rispetto dell’organizzazione sia del SSN che dei sistemi sanitari penitenziari già attivati nelle realtà meglio funzionanti, e del necessario coordinamento a livello regionale e nazionale. Le Direzioni Generali inadempienti dovranno essere segnalate alle Regioni ed alla Conferenza Stato-Regioni, che dovranno esercitare in materia i poteri sostitutivi previsti normativamente.
2 – vengano individuati i meccanismi di immediata stabilizzazione e valorizzazione delle attuali professionalità in posizioni funzionali dirigenziali provenienti dalla legislazione speciale (L. 740/70) per assicurare la continuità operativa dei servizi e la formazione degli operatori direttamente provenienti dal SSN. La maggior parte dei Medici Incaricati rivendica a ragione il passaggio ai ruoli del SSN nelle medesime posizioni funzionali di coordinamento e di dirigenza dei servizi sanitari penitenziari, mentre è doverosa la possibilità di un ruolo ad esaurimento per chi ne facesse specifica richiesta.
3 – vengano immediatamente individuati i meccanismi di stabilizzazione del precariato proveniente dai rapporti a convenzione con il Dipartimento dell’ Amministrazione Penitenziaria (guardia medica SIAS, specialisti, psicologi, infermieri a parcella)
mediante i contratti in essere del SSN. In particolare per i medici SIAS è anche necessario individuare da subito le modalità normative necessarie all’inserimento, in opzione al mantenimento ad esaurimento del rapporto convenzionale, nei ruoli della dirigenza medica.
E’ ormai evidente come l’incompatibilità per i medici penitenziari non è più un tabù: la nuova generazione vuole un transito alla pari ed il rispetto dei diritti acquisiti sul campo!
Roma, 2008-02-26
Il Presidente
Dr Andrea Franceschini